Tutte le osservazioni che vado ad esporre sono frutto di ore di valutazione e frequenza presso il centro di Tavullia e di infiniti riscontri avuti direttamente da pazienti incontrati lì di cui ho seguito il percorso clinico fino a totale guarigione o da pazienti da me stessa inviati di cui, chiaramente, conosco bene i processi mentali.
Tutto quello che dirò è stato selezionato e interpretato dalla mia visione dei fatti.

Le persone che qui cercano aiuto sono affette solitamente da patologie gravi: tumori, sclerosi multiple, leucemie autismo, sindrome di down, ecc. Diagnosi pesanti, sempre più spesso di malattie che portano a morte. Giungono dopo aver già tentato terapie mediche , comprese terapie alternative con scarso o nullo risultato o con terapie farmacologiche ancora in corso.
Tutti abbiamo avuto occasione di frequentare per motivi di lavoro o personali le sale d’attesa del reparto dove si fanno la chemioterapia o la radio. Le persone attendono silenziose il loro turno, regna il silenzio, chi parla paragona i propri sintomi.
Nella sala d’aspetto di Tavullia finchè le persone aspettano l’imposizione delle mani di Rita, non c’è rassegnazione, ma speranza. Molte delle persone presenti hanno paura, ma sperano e si sforzano di essere serene e piano piano, col procedere degli incontri lo diventano realmente. Imparano a reagire e combattere la malattia.
La speranza è fondamentale, è uno strumento la maggior parte delle volte istintivo, scatta da solo ed è legato al senso vitale. In molti casi diventa un fievole filo. In altri casi ancora può essere attivato nel rapporto con un altro essere umano. Magari con qualcuno che ha avuto lo stesso tipo di esperienza e ne è uscito bene, da Rita si riattiva sempre, si aspetta la guarigione. E’ importante fare la distinzione tra i due termini guarigione e miracolo. La guarigione è un processo più o meno lungo per debellare una malattia. Il miracolo è un intervento immediato grazie al quale la persona guarisce all’istante dal suo problema.
Stasera vorrei offrire alcuni spunti di riflessione partendo dalle mie competenze professionali senza la pretesa di dare risposta alle tante domande fatte da colleghi, amici medici e conoscenti che sono al corrente della mia frequenza da Rita.
Mi chiedono: “Cosa fa? Come cura? Cosa porta a una guarigione? Vogliono sapere se pratica un rituale o usa formule esoteriche.
La risposta è univoca. Non vi è nulla di suggestivo che possa manipolare la mente di una persona.
Non ci sono suggestioni musicali o visive, né registrazioni di particolari mantra per creare un’atmosfera particolare. Al massimo qualcuno recita il rosario.
Per avere un appuntamento basta telefonare, non ci sono attese infinite per essere ricevuti, tutti vengono accolti. Il condizionamento psichico è escluso. Rita non è una chiromante, né un esorcista, né un pranoterapeuta. Tante volte è stata definita così equivocando il fatto che “cura con le mani”.
L’imposizione delle mani avviene alla luce del sole, spesso alla presenza di medici italiani o stranieri che vengono spinti da interesse personale o da problemi di salute fino al piccolo padiglione dove vede i malati.
Osservandola è chiaro che non si tratta di una pranoterapeuta. Le differenze sono molte e precise. Ho fatto una mia personale ricerca parlando con alcuni di loro. Ho cercato di sintetizzare le fondamentali diversità.
Il pranoterapeuta ha sempre un colloquio preliminare col paziente prima di trattarlo;
non entra in empatia col paziente;
non tocca con le mani la persona che tratta (non c’è contatto fisico tra le due);
usa la propria energia che è limitata; per questo motivo ogni pranoterapeuta può trattare solo un certo numero di pazienti;
fa un certo numero di sedute e poi si ferma;
ogni seduta va pagata.
Passiamo alle differenze con Rita : Non ci sono colloqui preliminari da espletare;
entra in empatia totale col paziente;
tocca con le mani la zona malata;
attinge a una sorgente di energia e, quindi, è una fonte inesauribile;
accetta solo piccole offerte.
I tempi brevissimi e i modi per nulla seduttivi usati da Rita per imporre le mani non lasciano spazio ad equivoci. Le sue mani sono caldissime e la sua energia potente.
Alcune persone che non hanno visto direttamente chiedono se non si possa trattare di effetto placebo. Certo esiste in ogni cura un effetto placebo per il semplice fatto che ci sono due soggetti curatore e curato e tra loro scatta quel quid che, legato alle aspettative individuali, aiuta il paziente dal punto di vista psicologico e aumenta l’effetto della cura. Bene quale farmaco placebo, che tra l’altro Rita non fornisce, può curare tumori e sclerosi?
Migliorano e guariscono anche i neonati e i piccoli animali domestici, assolutamente lontani anche da ogni tipo di suggestione.
Allora quali meccanismi vengono utilizzati? Quello più evidente è l’immediatezza di entrare in sintonia emotiva e fisica con ogni paziente.
Quando le mani di Rita scorrono sul corpo di un malato si fermano nel punto dove c’è il problema fisico come se fossero calamitate dalla malattia stessa. Nel lavoro terapeutico psicologico c’è un atteggiamento di ascolto che si avvicina a questo quando cerchiamo di entrare in sintonia con un paziente per meglio capirne le difficoltà e poterlo aiutare: si tratta della capacità empatica. Tale capacità è la stessa che si attiva nel rapporto madre-bambino in cui la mamma è in grado di comprendere e soddisfare i bisogni del proprio bambino che ancora non si può esprimere a parole. E’ un atteggiamento d’amore a 360 gradi che comprende mente e corpo.
Negli anni 80 lo psicoanalista americano Heinz Kohut ha scritto molti testi relativi al fenomeno dell’empatia spiegando come un paziente abbia bisogno di accettazione e amore per guarire da patologie gravi di tipo psicologico-psichiatrico sottolineando che anche l’aspetto affettivo ha una larga parte all’interno del fenomeno empatico. Non è stato questo autore né il primo, né l’ultimo ad accorgersi di come se le persone sono più amate abbiamo esiti migliori nel corso di qualunque tipo di terapia.
Molti soggetti mancano della caratteristica empatica del tutto o in parte. Un filone teorico spiega che ciò è probabilmente dovuto al fatto che nel corso della vita non hanno avuto modo di sperimentarla e quindi non sono in grado di viverla. Personalmente ritengo possa essere appresa come s’impara a leggere e a scrivere ed esercitata volontariamente. Vediamo meglio di cosa si tratta.
L’empatia è “la capacità di proiettare la propria personalità nell’oggetto contemplato e di capirlo, così, pienamente”. Il concetto implica che ci si sente nell’oggetto e insieme si rimanga consapevoli della propria identità come un’altra persona.
Questo modo di essere e sentire è presente in Rita in maniera esponenziale. La sua disponibilità nel donare è totale, fisica e mentale. Con le sue mani bollenti tratta la testa (fisico, mente e spirito) e la parte malata del corpo. Accompagna la persona alla guarigione fisica e contemporaneamente la sostiene nello sforzo per affrontare il dolore e la paura legate alla malattia. Ognuno è libero di scegliere la frequenza con cui accedere.
Ci conosciamo da circa 14 anni. Dopo un periodo tanto lungo di osservazioni posso affermare che nulla è cambiato nei modi di trattare i pazienti. Rita funziona, da sempre, come uno strumento emittente di onde (vibrazionali) . Ha una carica di tensione emotiva sempre attiva. E’ attraverso questa che penso entri in sintonia con tutti i suoi pazienti e li accompagni durante tutto il percorso di cura senza abbandonarli mai.
Si comporta e agisce la frase: “Io sono con te ovunque tu sia” senza mai parlare con le persone, se non salutando e scambiando qualche frase smozzicata. Lei spiega che non ha tempo da perdere, deve curare le persone e ha tanto da fare . Dona la sua energia a chiunque chieda aiuto, in maniera indiscriminata e si comporta con tutti allo stesso modo. Spiega così il suo atteggiamento: “ Chiedo a Dio un aiuto per chi me lo chiede e prego, è Lui che decide non io”.
Dal momento che Rita è una costante e moltissime persone guariscono, ma non tutte, mi chiedo quale sia la variabile.
Ognuno di noi ha il suo percorso individuale fisico, mentale e spirituale. E’ all’interno di questo quadro che si trova, in ognuno di noi, la variabile dipendente.
Torniamo per un momento all’esempio del neonato. Sotto le mani caldissime di Rita, il piccolo si lascia andare, apre i pugnetti, sorride e si addormenta. Si abbandona completamente al calore che avverte come sensazione psicofisica totale. Questo è il momento speciale in cui l’energia passa dall’emittente al ricevente, in quel momento si crea un ponte benefico che, col susseguirsi delle applicazioni, in linea di massima, arresta la malattia e poi la fa regredire fino alla guarigione.
E’ a questo punto che ci può essere in noi qualcosa che ostacola il processo di recupero. Sono i nostri schemi mentali rigidi, i meccanismi di difesa, le false credenze, in definitiva tutte le sovrastrutture interne ed esterne che possono inceppare o bloccare il processo di guarigione.
Pertanto ogni individuo, come variabile dipendente, può scegliere l’apertura emotiva come il neonato o la riserva e la chiusura. Nell’apertura c’è una sorta di predisposizione all’ascolto, un accogliere ciò che viene donato, un abbandonarsi totale equivalente all’affidarsi spirituale (fede nella chiesa cattolica). Si badi bene, non è un modo per lasciarsi andare nella malattia. Al contrario, una maniera per acquisire la forza necessaria per combatterla.
Da ultimo vorrei toccare una questione spesso dibattuta e criticata. Per molti un grosso punto di domanda: “ come mai i collaboratori di Rita possano avere lo stesso carisma. Sono Lisa, Carmen e il figlio Tony. Il figlio da quando era ragazzino e le due donne da molti anni. Con loro ha esercitato anche Luca, l’altro figlio di Rita, fino al 23/12/2011. Da allora non è più con noi materialmente, ma è, se possibile, ancora più presente e vicino con lo spirito. Hanno fatto una scelta di vita. Affiancano Rita nella sua missione, con la stessa disponibilità mentale e fisica verso i malati e soprattutto lo stesso amore. Forse non è corretto dire che donano energia, sarebbe opportuno spiegare che si donano. L’imposizione delle mani è un atto d’amore, le altissime vibrazioni d’amore di Rita fungono da cassa di risonanza facendo vibrare anche loro. Per cui possono, perché sono predisposti a farlo, a loro volta donarsi e donare amore fisico, psichico, totale. Lo stesso fece Gesù Cristo con gli apostoli che operarono guarigioni in suo nome.
Vorrei esporre un breve caso clinico esplicativo di come trattamento medico e applicazioni delle mani di Rita non siano affatto in antitesi.
Si tratta di una donna di trent’anni malata di sclerosi multipla. L’esordio, nel luglio 2004, un mese dopo il parto, percepisce una strana sensazione di arto superiore ovattato. A maggio 2005 formicolii ai piedi bilateralmente, rapido peggioramento che porta a ricovero nel sett. 2005 prima a Pesaro e poi al S. Raffaele di Milano: la diagnosi non lascia scampo: “sclerosi multipla di tipo recidivante-remittente aggressiva e atipica. Allatta la bambina per dieci mesi, nessuno le dice che sarebbe stato un enorme dispendio di energie. Viene sottoposta a terapia a base di cortisone e le propongono di entrare nel protocollo di studio dal titolo”studio nazionale multicentrico…per valutare l’efficacia e la tollerabilità della combinazione di alcuni farmaci…in pazienti affetti da SM in fase iniziale di malattia”. Le dicono che con la terapia cortisonica effettuata starà bene fino a dicembre. Poi potrebbe iniziare iniziare il protocollo. A ott. Ha un altro attacco, non sente più la parte destra del corpo, torna a Milano e stavolta le spiegano che un giorno si potrebbe svegliare senza neanche potersi alzare dal letto. Vi lascio immaginare l’angoscia di questa donna con una bambina piccola da allevare. La forza di volontà unita alle terapie mediche non basta. Nel febbraio 2006 una vicina di casa le parla di Rita, insiste e cerca di convincerla ad andarci perché lei è reticente. Cosa può fare una persona che impone le mani per lei? La signora, vuole tentare e chiede un aiuto. La accompagnano, le manca l’equilibrio, fatica a stare in piedi e deve essere sorretta.
Nel frattempo segue tutte le terapie prescritte e aderisce anche al protocollo. Tutte le volte che le giunge una nuova crisi si deprime, ma poi recupera e si sente meglio.
Nel nov 2010 tenta anche l’intervento del dott. Zamboni. Per circa un mese, in effetti, va meglio. In quel periodo sospende le applicazioni di Rita .
A gennaio riprendono pesantemente i problemi di equilibrio e torna dalla Cutolo. Da allora esegue le terapie farmacologiche e le applicazioni di Rita. Si accorge che anche gli effetti collaterali dei farmaci presentati da altri pazienti in lei sono più leggeri o nulli. Non si sa spiegare il motivo.
Suguono alti e bassi per circa due anni. Poi dal 2012 la malattia si stabilizza e non appaiono più nuove lesioni nelle RM successive e la situazione clinica è positiva anche all’ultimo recente controllo al San Raffaele in data 5/9/2014.
Riferisco le sue parole: “ Se non fosse per Rita sarei su una sedia a rotelle…Ad oggi sono autonoma, sono riuscita ad assistere alla I Comunione di mia figlia quando nove anni fa non sapevo se ci sarei potuta essere, né come ci sarei arrivata”.
L’apporto di Rita è stato molto importante oltre che dal punto di vista fisico, anche da quello psicologico, Si è sempre sentita sostenuta, non è caduta in depressione, né si è fatta prendere dall’ansia per gli aspetti imprevisti della malattia consapevole che qualcuno poteva intervenire per lei.
Ho scelto tra le centinaia e centinaia di casi quello con un esordio pesante e sotto controllo con regolari RM e visite mediche fin dall’inizio. Così se ci fosse qualche neurologo presente potrebbe avere accesso a tutta la documentazione che ho con me. Pur considerando che questa malattia autoimmune ha dopo ogni attacco un circa 30% di recupero spontaneo, mi dicono i colleghi medici che la signora aveva danni tali che non avrebbe certo potuto essere autonoma. Quindi ritengo il recupero prima e lo stabilizzarsi della malattia dal 2012 ad oggi un esito straordinario. Mi potreste chiedere se non penso sarebbe migliorata ugualmente. La mia risposta è no perché anche se la malattia si fosse fermata per cause altre, i danni già esistenti, come dicono le risonanze ci sono ancora, ma non impediscono alla signora la sua autonomia. Considerando le RM in questione, ora avrei io una domanda da rivolgere a tutti voi, non sarebbe interessante lavorare in sinergia?

Dott.ssa Paola Donadini

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